Iniziamo da sotto il castello
Arriveremo fino a Podgrad percorrendo la strada verso Kresnice e poi a destra attraverso il passaggio sotto la ferrovia. Procediamo avanti fino alla fine del paese. Presso la fabbrica Arbo il passaggio è talmente stretto da non permettere il transito a più di un veicolo alla volta, per cui dovremo procedere con molta cautela. Poco avanti la strada procede in una forte curva a sinistra, ma noi non la seguiremo (e lo faremo apposta!), perché continueremo dritti sul sentiero boschivo oltre il ponte e a sinistra, fino ad arrivare all'area di manovra che funge anche per lo stoccaggio dei tronchi. Da qui comincerà il nostro percorso pedonale. Pedonale perché da qui inizieremo una vera e propria piccola marcia dal nome altisonante "Il sentiero di Ostrovrhar" che ci condurrà a visitare alcuni luoghi molto importanti. Proprio all'inizio della strada asfaltata troviamo una grande tabella informativa che ci darà preziose informazioni sui cavalieri che un tempo abitavano in queste zone, capitanati dal nobile Ostrovrhar: il suo eroismo fu decantato persino dal poeta sloveno Prešeren nella sua Turjaška Rozamunda. Dall'area di manovra saliamo su di un buon terreno quasi boschivo , che abbiamo trovato sul pendio. Ci condurrà dritti al castello. Beh sì – non proprio dritti.
Castelletto o castello
"Castello" è il nome popolare con il quale veniva anticamente chiamato il castello Novi Osterberg - Nuovo Osterberg. Quando bisogna distinguerlo meglio viene chiamato anche "Povšetov grad – Castello di Povše" o "Vila Kansky – Villa Kansky", ogni tanto anche "Rdeči grad - Castello Rosso". Tutti questi nomi si riferiscono allo stesso edificio giallo a tre piani , posto su un ciglione del monte di Kašelj, verso il quale stiamo ascendendo. Gli storici hanno pareri divisi riguardo alla sua nascita. Alcuni affermano che sia stato eretto negli stessi anni nei quali il Vecchio castello Osterberg, che visiteremo in seguito, fu abbandonato. Da qui i castellani traslocarono nella valle più comoda, ma per amministrare meglio le proprietà costruirono sul monte un edificio minore. Più tardi questa si trasformò fino ad assumere l'aspetto dell'attuale villa, chiamata dalla gente del luogo "Grad – Castello". Questa spiegazione potrebbe essere vera solo in parte, poiché ci sono dei fatti che la contraddicono con evidenza: tra questi una parte del muro di uno degli edifici vecchi, che sporge dalla facciata nord dell'attuale villa, ed è decisamente troppo robusto per essere il muro di un edificio minore. Il suo spessore tra i 100 e i 120 cm e l'altezza che si aggira intorno agli otto metri, fanno sorgere il dubbio anche a un inesperto, che una massa del genere non sia stata costruita solo per tenere il tetto sopra le teste. Ne possiamo dedurre che il muro aveva quasi sicuramente anche una funzione difensiva. Se consideriamo questa ipotesi apriamo la strada ad una seconda via, quella che narra di un castello fortificato che si trovava in questo punto molto tempo prima della costruzione dell'edificio padronale. Forse col tempo venne abbandonato, o forse, e l'ipotesi è anche più probabile, andò incontro ad un lento degrado dopo essere stato abbandonato e i suoi resti furono riutilizzati per costruire il nuovo edificio che rimase in funzione alcuni decenni o anche un secolo, finché col tempo anch'esso fu abbandonato. Tutte queste versioni sono in parte veritiere, ma l'unico fatto certo è che nel 1789 Jožef Kalasanc, barone di Erberg e castellano di Dol pri Ljubljani, demolì i resti del castelletto (o comunque di quello che l'edificio rappresentava). Radunò quindi e ripulì i resti e li riutilizzò per la costruzione di una piccola e graziosa villa in stile neorinascimentale tedesco. La mancanza di danaro (poco probabile), la pigrizia (poco probabile), la parsimonia (forse) o semplicemente il senso per l'arte e la storia (molto probabile) lo indussero a conservare una parte dell'originario muro di difesa. Kalasanc decise di usarlo come una delle pareti della sua nuova villa. L'invenzione ebbe successo e il barone sfoggiava orgoglioso la sua nuova acquisizione ai numerosi ed eminenti ospiti che era solito invitare nella sua dimora. E non si dimenticava certo di far ammirare a tutti la stupenda vista o di raccontare loro le storie sulla confluenza dei tre fiumi nei dintorni. A quei tempi i tre fiumi erano il Sava, il Ljubljanica e il Kamniška Bistrica, ma fino a poco prima erano stati persino quattro; ai tre faceva compagnia un quarto fiume, il Besnica. Ma i quattro fratelli non riuscivano a stare insieme senza litigare. Ad ogni litigio le lacrime scorrevano così copiose da far straripare i fiumi, perciò non restò altro da fare che separarli con forza. Il Besnica, anche se quello più piccolo, sembra fosse il peggiore, perciò lo lasciarono dov'era tutto immusonito, mentre gli altri tre vennero portati altrove e vivono in pace ancora oggi. Tutto questo si vede bene dai ruderi. E da allora non ci sono più state alluvioni ...
La punta bianca su sfondo rosso
Continuiamo a camminare sul sentiero verso il Castello Vecchio. Con passo deciso passiamo davanti alla tabella informativa che ci descrive la storia del castello, senza fermarci, dato che conosciamo già le sue vicende, e procediamo lungo un comodo sentiero fino al bivio che porta verso il Castello Vecchio, tenendoci sempre sulla sinistra. Il sentiero è talmente largo che potrebbe passarci anche un carro. E non è neanche ripido, perciò ci fa pensare che possa trattarsi dell'antica strada che un tempo faceva da collegamento tra i due castelli. Mentre la attraversiamo cerchiamo inutilmente di scorgere qualche bel panorama – gli alberi circostanti li nascondono discretamente . Pazienza, la strada non è ancora finita. Più ci avviciniamo al Castello Vecchio e più frequenti si fanno i segnali con lo stemma di Ostrovrhar, una punta bianca su sfondo rosso. È chiaro che la punta bianca simboleggia "Ostri vrh – la Vetta Appuntita", verso la quale siamo diretti. E cosa dire del colore rosso? Gli esperti di araldica sostengono che il colore rosso sugli stemmi sia simbolo di forza, coraggio, dignità e amore, il che combacia con la versione che Prešeren dà della storia di Ostrovrhar. In ogni modo, questi stemmi vanno seguiti se vogliamo arrivare fino alla fine del nostro percorso di oggi. Tra un pensiero e l'atro speso a pensare ai castellani e ai loro simboli, ci stiamo avvicinando piano a un profondo vallone attraversato da un ruscello. Non preoccupatevi, i piedi rimarranno asciutti, perché passeremo sopra dei rami adagiati apposta per facilitarci il passaggio. Questo versante è davvero ricco di acqua che fuoriesce da numerose sorgenti. L'ultima indicazione ci mostra il ruscello di Ostrovrhar , dal quale il Castello Vecchio si approvvigionava di acqua fresca. Naturalmente solo per i bisogni impellenti, perché il maniero era provvisto anche di una cisterna scavata direttamente nella roccia. Vicino al ruscello si trova spesso qualche bicchiere, anche se non è certo che l'acqua sia potabile. Ma per lavarsi le mani e rinfrescarsi il viso sarà perfetta. Dopo alcuni passi ci imbattiamo nuovamente in due segnavia – uno ci indirizza avanti e a destra, l'altro verso basso. L'istinto ci dice che forse è troppo presto per scendere a valle, quindi proseguiamo avanti. Ben presto siamo al valico e adocchiamo uno spazio sistemato dove poter fare una sosta, e sul quale troviamo anche una macina di mulino, una tabella informativa e naturalmente un altro segnavia . Tutto questo sta ad indicare che siamo giunti ai piedi della cima rocciosa sulla quale si innalzava il castello. Leggiamo sulla tabella i dati che riguardano il castello e risaliamo il ripido pendio fino alle rovine . Per arrivarci dobbiamo attraversare anche un modesto fossato di difesa scavato nella roccia . A quei tempi molto probabilmente si trovava qui un ponte levatoio. In cima ci aspetta una piana cosparsa di ruderi. Il tutto si presenta ricoperto di vegetazione. Sono visibili i resti di un grande edificio e parte dei muri , sui quali si è conservato a tratti persino l'intonaco. Il muro è costruito in pietra locale con malta di calce usata come legante. Non sembra particolarmente robusto, e neanche particolarmente forte, giacché lo spessore non supera i 60–80 cm . Neanche le dimensioni della costruzione del castello impressionano molto: possiamo constatare facilmente che l'edificio misura in lunghezza forse 20 passi e in larghezza 10. Tenendo conto che non è rimasto molto del castello, possiamo solo intuire che l'edificio aveva al pianoterra due sale di grandezza quasi uguale, delle quali una era per metà interrata, come si deduce dall'arcata che si è conservata . Se davvero vi vissero gli Ostrovrhar, indubbiamente dovevano sentirsi abbastanza allo stretto. Niente di strano se poi scelsero di trasferirsi in una dimora più confortevole a valle, qui non c'era spazio neanche per la servitù. Conclusa la visita ai ruderi (non in ottime condizioni, quindi è meglio evitare di arrampicarvisi sopra) scendiamo a valle ripercorrendo la stessa strada, fino ad arrivare all'area di sosta. Qui cerchiamo il sentiero che dalle macine da mulino si dirige ripido verso il basso.
Le macine da mulino di Ostrovrh
Il comodo sentiero si trasforma in una ripida discesa che scorre a zig-zag lungo il pendio. Nonostante i profili in legno che facilitano la camminata, la discesa è talmente ripida che ci fa dubitare se proseguire o meno. Invece conviene farlo, credeteci, almeno la prima volta. Per il ritorno non dovremo imboccare la stessa strada. A circa metà percorso il versante si spiana e ci porta sotto una strapiombo roccioso dove un tempo giaceva una cava antica . Qui venivano estratte le pietre per le macine da mulino e i resti di questa attività si vedono bene ancor oggi . La materia di base era il conglomerato di silice, probabilmente uno tra i migliori per qualità e consistenza tra quelli che si potevano trovare nei dintorni vicini e lontani, altrimenti non si spiega perché la cava dovrebbe trovarsi tanto in alto, e per di più in un punto difficilmente accessibile. I granuli all'interno delle macine devono essere della grandezza, durezza, disposizione e forma giuste, per poter permettere una levigatura ideale e una perfetta macinatura. Le pareti della cava sono piene di buche rotonde , che ci fanno intravedere la grandezza della pietra scavata. Le buche più grandi hanno una larghezza di oltre un metro, il che è sufficiente per delle macine da mulino del diametro di 36 once viennesi (95 cm) e dello spessore di 8 - 10 once viennesi (21 - 26 cm). Quando gli estrattori riuscivano a modellare ed estrarre la pietra rotonda, talvolta anche dal peso di oltre cento chilogrammi, la facevano rotolare sopra uno scivolo a valle. Dopo, sulla pianura presso il fiume - ancor oggi chiamata Knapovska draga - la rifinivano e preparavano per trasportarla fino agli acquirenti. Un lavoro di sicuro non facile ... E quant'era il guadagno? Sicuramente molto meno di quello che guadagnavano i mugnai loro compratori, da sempre conosciuti per le loro ricchezze, anche se qualcosa si guadagnava comunque. Stando agli scritti storici e tenendo conto del valore dei beni equiparabili ai prezzi di oggi, possiamo dedurre che una macina costava intorno agli attuali 800 - 1000 euro (il prezzo variava in relazione alla qualità e allo spessore).
Il versante bruno
Passiamo dalla cava e ritorniamo sul sentiero circolare che ci riporta sotto il castello lungo una ripida discesa, ma ora il cammino è un po' più facile, perché questo tratto è provvisto di un passamano . Giunti al castello, ne seguiamo il perimetro e arriviamo al valico. Da qui ritorniamo indietro di circa 100 m verso il ruscello di Ostrovrhar, fino al doppio segnavia menzionato in precedenza, e svoltiamo a destra. Un bel sentiero ci conduce vero la valle del Besnica. Sotto al castello notiamo molte rocce e pietre minori sparse disordinatamente . Sembra che siano arrivate fin lì rotolando. Forse si tratta dei resti del vecchio castello, caduti dal monte in seguito ad un forte terremoto. Poco avanti sulla curva si vedono degli interessanti esemplari di grandi rocce di conglomerato di silicio . Poco prima di raggiungere il fondo della valle un altro segnavia ci indirizza a destra verso il Besnica. Attraversiamo cautamente una piccola area fangosa e procediamo oltre il fiume Besnica sopra una passerella in legno chiamata "Brv Rjavega brega – La passerella del versante bruno" . Ora ci troviamo sulla strada asfaltata Podgrad–Besnica.
Sulla cresta del Murjevka
Dalla strada entriamo nel bosco e proseguiamo lungo il sentiero che promette di diventare sempre più ripido. Più tardi, nel salire sul versante occidentale tra folti arbusti di mirtillo, si farà davvero molto ripido. A destra e a sinistra è tutto pieno di mirtilli . Sembra quasi impossibile che gli arbusti possano crescere fino al metro di altezza, ma qui ne abbiamo la prova tangibile. Il rumore che proviene dalla strada, salendo si placa sempre più, mentre la ripidità del sentiero continua a persistere. La strada comincia a prolungarsi oltre modo, e quando ormai stiamo cominciando a chiederci se stiamo percorrendo la via giusta, approdiamo inaspettatamente su un largo e solido sentiero boschivo che scorre sul crinale. A causa della pendenza fino a poco prima non potevamo neanche immaginare che ci fosse, né tanto meno lo potevamo vedere. Ora siamo sul Murjevka. Il segnavia ci indirizza a sinistra, dove poco avanti ci aspetta un punto di sosta . Ci riposiamo un po' e nel frattempo possiamo leggere il tabellone informativo. Dal Murjevka è possibile scorgere tra gli alberi la catena montuosa occidentale che abbiamo percorso poco prima. Da qui possiamo vedere due monti: quello a sinistra, largo e piano, e quello a destra, stretto e a punta. Non conoscendone i veri nomi potremmo comodamente chiamarli "La cima grossa" e "La cima appuntita". Su quest'ultima si erge il Vecchio Castello Osterberg , a cui abbiamo fatto visita da poco. Non è totalmente da escludere che il nome Osterberg derivi da "Ostri vrh - La cima appuntita", come affermava Valvasor. In alcuni vecchi scritti lo troviamo scritto come »Oster verh«, il che suona molto simile al tedesco "Osterberg". Inoltre "berg" significa monte in tedesco. E che dire di "Debeli vrh – La cima grossa"? In realtà si chiama "Debni vrh" ovvero "Deben vrh", il che potrebbe derivare da "debeli vrh".
Da Lazar
Il pallino dell'esploratore non ci dà pace, per cui ci alziamo e continuiamo in nostro percorso. Attraverso un sentiero boschivo procediamo verso la meta successiva: l'agriturismo Pri Lazarju. Usciti dal bosco, solo un prato si frappone tra noi e il locale e quasi subito lo avvistiamo. L'agriturismo è ben tenuto e i proprietari sono molto gentili . Gli ospiti vengono accolti in casa, mentre i gruppi più grandi vengono serviti sotto il fienile. E non si sono dimenticati neanche dei bambini, infatti hanno allestito un vero e proprio piccolo zoo con vari animali , un ampio parco giochi e un orto, come quelli di una volta . Si tratta di un vero museo con tutte le caratteristiche proprie di questo tipo di orto o "garteljc" - come vengono chiamati questi orti contadini della tradizione locale – vi sono anche lo steccato e i fiori obbligatori. Superato il giardino procediamo fino al margine della scarpata che ci offre un punto panoramico sopra la valle. Lì ci aspettano delle panchine, un binocolo e un'altalena antica, imbrigliata tra due alberi. Da qui si possono ammirare spettacolari tramonti e stupende viste su Lubiana e i suoi dintorni . Immersi a contemplare le bellezze dei colori del cielo che mutano illuminati dai raggi solari, potremmo presto dimenticarci del tempo che scorre. Ma non preoccupiamoci troppo di questo. Ritornare con il buio non è pericoloso, perché la via di ritorno si snoda solo su strade parzialmente illuminate, anche se esiste una scorciatoia attraverso il bosco che però è meglio non intraprendere nel buio, soprattutto perché non avremmo molto da guadagnarci.
Nuovamente sotto il castello
Inebriati dalla bellezza delle vedute lasciamo il punto panoramico e ci incamminiamo avanti, anzi indietro. Una larga strada sterrata ci conduce a valle fino al paese di Podgrad . Il sentiero passa su una scorciatoia attraverso il bosco, ma è ripida e abbastanza invaso dalla vegetazione, perciò forse preferiremo non intraprenderla. Si collega con la strada in basso presso l'arginamento dell'acqua, quindi non ci sarà niente di male se lo attraversiamo lungo la strada. All'incrocio con la strada principale ci aspetta una colonna commemorativa, eretta in occasione del 750 centenario della prima menzione di Podgrad. Qui svoltiamo a sinistra e lungo la strada principale ci inoltriamo attraverso il paese. "La coscienza di appartenenza locale" è qui a un livello ammirevole e gli abitanti si sforzano molto per mantenere i dintorni puliti e ordinati. Non poche sono le case abbellite dalla bandiera di Ostrovrhar, in maggioranza riportano il nome della strada su bellissime tabelle in legno . Avete capito bene, nomi e non numeri, anche se neanche i numeri mancano, si trovano però su tabelle tutte uguali dove viene riportato anche il nome della fattoria. Passeggiando attraverso il paese arriviamo fino ad una strettoia nelle vicinanze della fabbrica abbandonata Arbo, e da qui mancano due passi fino alla meta.
Due castelli con una ricca storia, un abitato dall'età di tre quarti di secolo, una cava per macine da mulino con mezzo secolo alle spalle, una fabbrica chimica vecchia di oltre un secolo e un callo perfettamente nuovo rappresentano il raccolto di oggi. Quanto basta, direi, anche togliendo il callo! Un percorso istruttivo da percorrersi in tutte le stagioni dell'anno, ma al massimo dello splendore all'inizio dell'estate quando maturano i mirtilli e in autunno con i funghi. Tutto molto bello e giusto, solo che se uniamo al tempo trascorso sulla strada anche il tempo per il "dilettevole", tutto si distende oltre il previsto. Finora ci abbiamo messo due ore abbondanti, ma sappiamo bene che buono e veloce non vanno d'accordo quando si tratta di mangiare ...