IL VECCHIO CASTELLO DI PODGRAD
Lunghezza
6,6
Lunghezza 6,6 km
Durata del percorso
01:30
Durata del percorso 01:30
Največja strmina vzpona[%]
10
Livello massimo della salita: 10 %
Livello massimo della discesa: 14 %
Livello medio della salita: 18 %
Livello della salita oltre 5%: 2,50 km
Altezza minima del percorso: 530 m
Altezza massima del percorso: 269 m
Differenza d'altitudine: 564 m
Poraba kalorij
1470
Consumo di energia per gli uomini: 1470 kJ (351 kcal)
Consumo di energia per le donne: 1206 kJ (288 kcal)
Difficoltà
Difficoltà: Media
Tipologia del terreno ciclabile
Tipologia del terreno ciclabile: Sentiero boschivo
Primerna obutev: Calzatura da escursionismo
Breve descrizione

Questa volta andremo a trovare il monte Kašelj e i suoi dintorni conosciuti per la storia pluricentenaria. Anzi, per essere precisi più che millenaria, dato che la confluenza dei fiumi Ljubljanica e Sava è menzionata già nella leggenda di Giasone e degli Argonauti, si narra infatti che nel lontano XIII secolo a.C. viaggiassero in questi luoghi. Anche la storia più recente è molto ricca. Il sentiero si può percorrere in quasi tutte le condizioni climatiche, tranne in inverno durante forti nevicate.

Percorso

Zalog – Kašeljski hrib – Debni vrh – Stari Ostrovrharjev grad – Podgrad – Novi Ostrovrharjev grad – Kašeljski hrib – Zalog

Il porto di Lubiana
Sicuramente direte: "Il porto!? Ma come? Lubiana non ha nessun porto!". E invece non è vero. E' però vero che il porto di una volta non c'è più, ma in passato c'era, e non era neanche tanto piccolo. Ovviamente il mare non c'era neanche allora, e il lago di Barje si era disseccato molto prima, quindi gli abitanti si sono accontentati del fiume; Ljubljanica appunto. Il porto invece era quello di Zalog e si trovava quasi nello stesso punto dell'odierno ponte che oltrepassa il fiume Ljubljanica a Zalog , vicinissimo al punto dal quale inizieremo il nostro percorso di oggi. Ci soffermeremo ancora sul porto in seguito (bellezze e monumenti). Potremo inoltre apprendere delle cose interessanti anche dalla tabella informativa . Oggi del porto non è rimasto quasi niente, ma nonostante questo sul monte Kašeljski hrib, sul quale siamo diretti potremo vedere come si svolgevano le cose. Quindi, in marcia!

Senza tosse verso il monte
Il fiume Ljubljanica separa la città dal monte Kašeljski hrib. Perciò per poterlo scalare dobbiamo oltrepassare il fiume su uno dei ponti a disposizione. Nei pressi di Zalog ce ne sono solo due, uno a Kašelj sulla strada verso Sostro, l'altro invece proprio a Zalog sulla strada che porta a Kresnice . Questo ponte è ideale per la realizzazione del nostro intento odierno, anche se potremmo raggiungere il nostro punto di partenza anche oltrepassando l'altro. A Zalog possiamo arrivare in autobus, con la bici o in macchina. Nel primo caso la strada sarà un po' più lunga, negli altri due potremo invece lasciare il mezzo sul piccolo parcheggio sterrato che si trova sulla destra, subito dopo il ponte oltre il fiume Ljubljanica in direzione di Kresnice. Il parcheggio, destinato proprio agli escursionisti e ai ciclisti, offre la possibilità di lasciare le bici incatenate a degli appositi supporti, siccome proseguire in bicicletta non è possibile.
Il monte Kašeljski hrib è diviso dalla città sia dal fiume Ljubljanica sia dai binari della linea ferroviaria Ljubljana–Zidani most che in qualche modo dobbiamo attraversare. Tagliarli direttamente è pericoloso, ma siamo fortunati: proprio nei pressi del parcheggio ci viene data la possibilità di oltrepassarli in tutta sicurezza percorrendo il sottopassaggio ad arco che ci farà arrivare dall'altra parte. Ora si comincia per davvero. Da subito il sentiero inizia a salire ripido. E anche se non è marcato bene, da com'è calpestato non c'è nessun dubbio su dove dobbiamo andare. La regola è molto semplice: dritti lungo la ripida salita verso il monte. Se per caso sviamo un po', niente di male. Prima di arrivare in cima il sentiero scelto ci riporterà sicuramente sulla retta via , perché tutti i sentieri confluiscono nello stesso punto. Inizialmente il percorso procede lungo un sentiero boschivo, poi invece percorre il versante a zig-zag tra alberi e radici. Addio, Kašelj! Pian piano il bosco misto nasconde agli sguardi l'abitato che si estende sopra la sponda sinistra del fiume Ljubljanica. E addio anche alla tosse (kašelj = tosse)! La salita infatti ci aiuterà a ossigenare i polmoni proprio in ogni loro angolino.

Viste e panorami
Verso la cima abbiamo l'impressione che il bosco si sia diradato, ma nonostante questo non possiamo vantarci dei panorami. Un altro po' e anche la salita si "dirada". Siamo arrivati sulla cresta dove ci aspetta un rifugio . Da qui svoltiamo a destra verso Debni vrh. Nel primo tratto un piacevole sentiero ci conduce verso la vetta senza grandi differenze d'altitudine, poi comincia a farsi sempre più ripido. A metà strada ci imbattiamo in un'interessante edicola votiva che si trova nel tronco vuoto di un albero . Ci chiediamo perché mai qualche artista popolare l'abbia collocata proprio lì. Finalmente saliamo al punto più alto del monte di Kašelj (530 m). Ci arrampichiamo fino alla torre panoramica in legno e, guadagnato qualche metro, possiamo guardare oltre le cime degli alberi; il fiume Ljubljanica sembra di tenerlo sul palmo della mano. Con il bel tempo la vista abbraccia, oltre al bacino di Lubiana, anche tutto quello che si trova a sud, a nord e a ovest di questo. Si vedono molto bene i monti Krim, Nanos, Ratitovec, Triglav, Storžič, Grintavec e Šmarna gora. Il panorama si presenta particolarmente bello al tramonto o di notte . La torre panoramica ha anche un tetto che ripara durante il mal tempo, anche se non è prudente rimanerci in caso di temporale, perché c'è la possibilità che qualche fulmine lo colpisca. Sulla roccia sotto la torre si trova una lastra in metallo con l'indicazione delle varie direzioni che conducono sulle vette circostanti visibili dalla torre. Peccato che la lastra non si trovi sulla torre, sarebbe ancora più utile.

Il castello di Ostri vrh
Prima di saziarci dei panorami offerti dalla torre, può passare un bel po' di tempo – specialmente se siamo qui per la prima volta. Scesi dalla torre continuiamo il percorso sul crinale verso oriente . Dopo circa 50 m cerchiamo il sentiero che si dirama verso il basso a sinistra e lo percorriamo pressappoco sullo stesso tratto che abbiamo scalato durante l'ascesa. Sull'ampio sentiero procediamo per circa 10 minuti (500 m), fino ad arrivare al punto dove un sentiero più stretto e ben calpestato si dirama a destra verso il Castello Vecchio. Scendiamo sul dorso orientale del monte di Kašelj noto per il suo folto sottobosco composto principalmente da mirtilli. Sembra che i mirtilli gradiscano molto il luogo, perché arrivano fino alle ginocchia e anche oltre. E alcuni cespugli formano degli steli legnosi dallo spessore di quasi un dito. Naturalmente anche le bacche non scarseggiano e quasi non occorre chinarsi per raccoglierle. Seguiamo il sentiero raccogliendo qua e là qualche mirtillo e all'improvviso arriviamo di fronte a un'area di sosta (due panchine e un tavolo). Poco più avanti avvistiamo una pietra rotonda con un foro centrale . Cosa mai sarà così in alto sul monte? Sembra una macina da mulino. Avete indovinato! Si tratta proprio di una macina da mulino, posta in questo punto a ricordare che molto tempo fa, quando era ancora operante la cava vicina, qui venivano costruite le macine. Il monte di Kašelj ha in generale una ricca storia alle spalle e proprio ora ci stiamo avvicinando al punto che forse ha maggiormente contribuito ad arricchirla: il Castello Vecchio di Ostri vrh. Leggende in prosa, poemi e storie. Nella sua Turjaška Rozamunda lo menziona persino France Prešeren. Un breve, ma ripido sentiero ci porta davanti ai suoi resti. Si è conservata una parte dei muri della torre centrale , mentre tutto il resto è da tempo demolito. Scendiamo lungo la stessa strada poi, presso la macina di mulino menzionata in precedenza, svoltiamo a destra su un ampio sentiero e procediamo a occidente. Dopo meno di 100 m ci troviamo all'incrocio dove il sentiero boschivo svolta a destra verso la valle (sono presenti le marcature). Il percorso conduce sotto al castello, dove troviamo delle pietre sparse che un po' ricordano un deposito morenico . Forse provengono dalle macerie del Castello Vecchio. La maggior parte è costituita da conglomerato di silicio, materiale usato soprattutto per le costruzioni, mentre dai pezzi migliori venivano ricavate le macine da mulino. Passando davanti alle singole rocce dalle forme più strane proseguiamo verso la valle e qui dobbiamo cercare il sentiero che scorre a sinistra lungo il prato . Esso ci porterà fino alla fabbrica non più attiva Arbo e l'abitato di Podgrad.

Panorama al quadrato
Ancora prima di arrivare fin li, ci ritroviamo sull'area di inversione del sentiero boschivo . Procedendo dritti attraverso la valle giungiamo a Podgrad. Ma prima di raggiungerla dobbiamo attraversare il canale di approvvigionamento che dal fiume Besnica portava l'acqua necessaria per azionare la centrale elettrica della fabbrica Arbo. Un tempo lungo il canale c'era un viale di abeti, ma il bostrico ha pensato a decimarli. Solo un cenno: la fabbrica, oggi conosciuta con il nome di Arbo, fu fondata nel 1854 come società per azioni. Il socio di maggioranza era il conte Attems. Vi si producevano spirito, oli industriali e oli per vernici. In seguito si trasformò nella fabbrica chimica Kansky e dopo la seconda guerra mondiale nell'industria chimica Arbo. Agli inizi del suo operato si trattava di una fabbrica dalla tecnologia molto all'avanguardia, infatti già allora sfruttava per la propulsione dei macchinari la forza dell'acqua del fiume Besnica e, ancor prima della prima guerra mondiale, disponeva di una propria centrale elettrica. Operò fino al 2001, quando fu dichiarato il fallimento, in conseguenza della perdita dei mercati nell'ex Jugoslavia. Chi fosse interessato a vedere come appare oggi la fabbrica può procedere lungo la strada sottostante fino all'asfalto e continuare lungo la strettoia presso la centrale elettrica fino a giungere al cortile . Qui inizia Podgrad, per il quale dobbiamo convenire che merita proprio il suo nome – il nome Podgrad significa letteralmente sotto al castello (pod=sotto; grad=castello), e in questo caso è praticamente Pod-pod-grad ovvero Podgrad al quadrato.

Residenza
I viandanti più interessati agli aspetti culturali e coloro ai quali la nostra camminata basta già di per sé, non andranno di certo a visitare una fabbrica abbandonata, bensì presso l'area di inversione sopra menzionata cercheranno il sentiero boschivo che dopo pochi minuti di cammino approda davanti al Castello Nuovo di Osterberg. Gli abitanti del luogo lo chiamano solamente "Castello" e in tal modo lo distinguono dal Castello Vecchio che abbiamo visitato poco prima. Arrivati fin lì ci accorgiamo che il nome castello è in questo caso del tutto esagerato. Forse un tempo questa costruzione era davvero un castello, ma quello che si può vedere oggi ricorda di più una villa di campagna che la dimora fortificata dei castellani. E non è nemmeno tanto vecchio. Infatti risale alla fine del XVIII secolo, anche se si trova sopra le fondamenta di una costruzione molto più antica. Gli altri nomi usati sono "Il castello rosso", "Il castello di Povše" e "Villa Kansky". Ognuno di questi nomi ha dietro una sua storia, ma oggi è più adatto. Molti secoli fa si trovava in questo punto il castello fortificato Osterberg, che venne abbandonato dai suoi abitanti quando traslocarono a valle. L'edificio si deteriorò lentamente fino a quando il castellano di Erberg non costruì sulle sue rovine una piccolo palazzetto per la villeggiatura. Nel far ciò adoperò come parete un pezzo delle mura conservate del vecchio castello. Più tardi costruì accanto alla villa anche un'altra casetta per l'approvvigionamento . Il complesso vide avvicendarsi vari proprietari che lo trasformarono a proprio gusto. Tra i proprietari più importanti occorre menzionare Franc Povše (deputato regionale) e i coniugi Kansky. Da qui la derivazione dei nomi "Il castello di Povše" e "Villa Kansky". Il terzo nome, "Il castello rosso" si è originato perché ai tempi di Erberg la villa aveva la facciata rossiccia. Essendo piuttosto piccola, gli ultimi proprietari, i coniugi Kansky, la ristrutturarono a fondo negli anni trenta del XX secolo. La villa fu molto ampliata: la pianta quasi del doppio e l'altezza di ben due piani. Nel farlo usarono parte del muro del castello originale, costruendo accanto sulla sua parte orientale una nuova ala della villa e lasciando che un pezzo sporgente dalla facciata facesse da monumento. Oggi la villa è abitata, ma non dà l'idea di essere ospitale. Sulla tabella informativa c'è scritto che le visite sono persino vietate.

La passeggiata di ritorno
Nonostante la sua posizione esposta, oggi il "Castello" non può vantarsi di offrire dei panorami particolari, perché è accerchiato da alti alberi. In ogni caso, sbirciando tra i rami riusciamo a volgere lo sguardo verso la confluenza dei fiumi e il bacino di Lubiana. Lo stesso si ripete anche lungo la via di ritorno, che scegliamo di intraprendere dopo aver visto il castello. E la scelta non sarà difficile, l'unica possibilità che abbiamo è il sentiero che porta a Debni vrh. Potremmo quasi chiamarlo strada , perché talmente ben tenuto. E anche se troppo stretto per il traffico odierno, per noi va più che bene e proseguiamo veloci verso il punto di riposo che abbiamo incontrato all'inizio. Se non ci fidiamo proseguiamo tenendoci sul sentiero destro, anche se quello sinistro è più ampio. Dall'area di sosta scendiamo lungo lo stesso pendio che abbiamo intrapreso per arrivarci. Questa volta non serve usare l'ampio sentiero boschivo, ma possiamo usare la scorciatoia che porta direttamente verso valle. Naturalmente è più ripida, ma allo stesso tempo anche più breve rispetto alla precedente. Aggrappiamoci ai tronchi e ai rami e facciamo attenzione a non scivolare. Avvistata la ferrovia e la casa vicina, svoltiamo a sinistra e arriviamo sul sentiero che attraversa il sottopassaggio e ci conduce fino al parcheggio da dove abbiamo iniziato il nostro percorso di oggi.

Abbiamo trascorso un piacevole pomeriggio visitando dei luoghi con una ricca storia alle spalle. Non è stato un percorso troppo lungo, e neanche troppo impegnativo. Se ci torneremo ancora, forse la prossima volta sceglieremo il Sentiero di Ostrovrhar, che scorre attraverso gli stessi luoghi ma in modo diverso. Oppure potremo cambiare direzione e come punto di partenza scegliere l'area di inversione nel bosco dietro la fabbrica Arbo, per evitare in tal modo la ripida salita sul versante occidentale del monte di Kašelj.

Il Vecchio Castello (Il Vecchio Osterberg)
Nuove ricerche (Grilc, 2005) hanno evidenziato che sulla cima esposta e facile da proteggere (446 m) tempo fa giaceva una rocca che aveva la funzione di proteggere le spalle del castello sull'altro versante che sovrasta la confluenza dei fiumi. Ben fortificata ma non troppo grande, non poteva essere adatta come dimora dei castellani e per la gestione dei loro possedimenti. Fu costruita già molti secoli addietro, forse persino nell'XI secolo. In seguito si rivelò utile anche contro le incursioni dei Turchi, poi, passato il pericolo non serviva più e venne abbandonata. O forse fu usata ancora per le sistemazioni temporanee dei lavoratori che nella vicina cava estraevano le pietre per le macine dei mulini. Almeno così si potrebbe intuire da quello che è rimasto delle tegole e dall'intonaco sul muro che si è conservato, entrambi di origine più recente. Le misure delle rovine attuali mostrano che le dimensioni esterne dell'edificio dovevano essere di 13,5 x 7,5 m, questo conduce a ipotizzare una superficie utile di circa 70 m2, divisa in due spazi, il che a dir la verità è ben poco. Lo spessore delle mura al pianoterra misurava intorno agli 80 cm, sopra invece ai 60 cm, quindi tenendo conto della tecnologia di costruzione usata in quei tempi, il muro non poteva essere neanche molto alto. Forse uno o al massimo due piani con sopra un'ulteriore costruzione in legno. La parte sud era interrata, mentre quella a nord era costruita direttamente sopra la roccia che a quell'epoca costituiva anche la cima del colle. Davanti c'era un fossato di protezione, senz'acqua, e sopra si ergeva un ponte levatoio.

Grad (Novi Osterberg, Povšetov grad, Vila Kansky, Rdeči grad)
Probabilmente si tratta del punto nel quale si trovava l'originario castello Osterberg, indipendentemente dall'origine del nome. Secondo Valvazor la fortezza fu costruita nel lontano 1015, ma non ci sono altre fonti a riguardo. Più tardi fu trasformato in edificio padronale, però a causa dell'usura e della posizione inadeguata sul monte essa fu abbandonata nel 1562, quando i suoi abitanti traslocarono a valle. L'edificio cominciò a deteriorarsi irrevocabilmente. Come rudere fu illustrato già da Valvasor nella sua opera Slava Vojvodine Kranjske (l'immagine contenuta risale a prima del 1679). In seguito, grazie al castellano Jožef Kalasanc Erberg, una parte venne strappata al decadimento completo; nel 1789 Erberg demolì le vecchie mura e al loro posto costruì una villa di un piano e dal tetto a uno spiovente con il colmo appoggiato sull'unico muro del castello vecchio che in tal modo si conservò. Con le sue misure di appena 10 x 5 m, la villa non può certo pavoneggiarsi per la grandezza, e a causa della sua facciata rossiccia la gente del luogo cominciò a chiamarla "Il castello rosso". Nel 1822 Erberg costruì a sud dell'edifico un'altra casetta per l'approvvigionamento , e nella facciata incastonò antiche palle di cannone in pietra, resti di ceramica azzurra (forse rinvenuti tra i resti del castello originario) e parte di un' antica lapide funeraria romana, probabilmente trasportata dalla valle. La proprietà vide avvicendarsi vari proprietari, tra i quali dobbiamo ricordare due: Franc Povše (direttore della scuola di agricoltura a Gorizia e in seguito deputato regionale) e la famiglia Kansky (proprietaria della fabbrica chimica a Podgrad). A Povše si debbono alcuni restauri della villa nella quale egli trascorse molte vacanze, gli si deve anche il nome "Castello di Povše". La famiglia Kansky, che lo comperò nel 1932, lo rimaneggio invece a fondo. La villa fu molto ampliata: la pianta quasi del doppio e l'altezza di ben due piani. Il muro orientale, quello appartenente al castello originario, diventò il muro centrale dell'edificio. In tal modo il tetto acquistò anche la parte orientale e diventò un tetto a due spioventi. Anche la famiglia Kansky, similmente a quanto fatto da Erberg, mantenne parte del muro originario, ancor oggi visibile sulla parte nord della facciata. Oggi nella villa ci sono degli appartamenti residenziali.

Podgrad
Podgrad è un abitato molto antico che si trova alla fine della valle Besniška dolina e che in tutta la sua storia non ha mai avuto, fino a tempi recenti, questo nome, anche se è più che ovvio da dove derivi la denominazione attuale (pod = sotto; grad = castello). In passato veniva sempre menzionato insieme al castello, fatto che dimostra come siano nati contemporaneamente oppure che all'inizio l'abitato consisteva in una sola fattoria (che per l'appunto portava già il proprio nome). Facevano parte del possedimento di Osterberg, oltre a Podgrad, anche gli abitati Gostinca, Gradovlje, Podgorje, Zalog, Kašelj e Lipoglav, le fattorie dedite all'itticoltura lungo il Sava e il Ljubljanica, le fattorie dei cacciatori a Janče e i mulini sul Besnica.

Il monte di Kašelj
Il monte di Kašelj, che ad oriente delimita il bacino di Lubiana, da sempre fungeva da divisorio tra singole signorie e persino regioni. Ai tempi di Valvasor vi passava il confine tra la Kranjska e la Dolenjska, durante le Province Illiriche qui si svolsero i combattimenti tra Francesi e Austriaci, e durante la seconda guerra mondiale il monte di Kašelj divideva le aree occupate dai Tedeschi da quelle degli Italiani.

Il porto di Zalog
Nel medioevo non si conoscevano strade a lungo percorso. Dov' era possibile si usavano i collegamenti via acqua. Una delle vie fluviali più importanti era quella che scorreva lungo il Sava e il Danubio fino al Mar Nero. Il Sava si poteva risalire fino a Zalog, dove venne costruito un grande porto fluviale. Le navi venivano tirate a mano dalla riva e controcorrente, mentre l'equipaggio provvedeva a indirizzare le navi in moda da tenersi al di fuori dei punti pericolosi. La nave poteva essere tirata anche da 30 persone. Quando il traffico fluviale aumentò lungo il Sava vennero edificate delle vie lastricate, sulle quali era possibile trainare le navi con l'aiuto dei buoi. Parte di questi tratti si sono parzialmente conservati fino ad oggi. L'alveo fu reso più profondo nel 1779, quando furono costruiti anche il molo di attracco, una gru per il trasbordo, l'ufficio di navigazione, dei magazzini e altri edifici. Il porto era talmente ampio che vi potevano attraccare navi lunghe fino a 30 m e dalla portata di 60 tonnellate di carico. Ciò nonostante la maggior parte delle navi erano di dimensioni minori ed avevano una capacità portante di 10 tonnellate circa. Durante gli anni migliori a Zalog arrivavano giornalmente fino a dieci navi e venivano trasbordate oltre 100 tonnellate di carico che veniva trasportato avanti dai carri pesanti. Gli affari fiorirono talmente che lungo il tragitto da Zalog a Lubiana, nonostante la brevità del percorso, c'erano ben 11 trattorie dove usavano fermarsi i carrettieri o furmani come venivano chiamati da queste parti. Il declino del porto di Zalog iniziò con la costruzione della ferrovia sud che collegava Vienna con Trieste. Il primo treno venne a Lubiana il 18 agosto del 1849, proprio il giorno del compleanno dell'imperatore. Ben presto la ferrovia incamerò tutto il carico che in precedenza veniva trasportato dalle navi e l'attività portuaria fu trasferita da Zalog a Zidani Most. L'ultima nave arrivò a Zalog nel 1856. Quando nel 1862 fu costruita la ferrovia Zidani Most–Zagreb, anche qui le attività portuarie andarono pian piano in abbandono, mentre a Zalog l'attività cesso definitivamente.

La confluenza del Sava e del Ljubljanica
A dire il vero si potrebbe dire che qui confluiscano tre e non due fiumi, perché quasi nello stesso punto s'incontrano il Sava, il Ljubljanica e il Kamniška Bistrica. Un tempo c'era persino il Besnica a far loro compagnia. Dopo ampi lavori di regolazione il Sava, il Ljubljanica e il Kamniška Bistrica vennero deviati e sospinti nel loro alveo odierno, mentre il Besnica rimase al suo posto, perciò ancor oggi confluisce nel fiume Ljubljanica. La regolazione serviva a evitare le alluvioni a Lubiana e fu il risultato del proseguimento dei lavori iniziati da Gabrijel Gruber (a lui è dedicato il canale Gruberjev prekop), e finiti da Jožef Šemerl, suo allievo. Con la spianatura dell'alveo del fiume Sava e la costruzione dei canali di confluenza posizionati quasi ad angolo retto, furono aumentate di molto la portata e la scorrevolezza del fiume. Allo stesso tempo si ottenne anche una via navigabile abbastanza profonda lungo tutto il fiume Ljubljanica fino a Zalog. La confluenza ha anche un altro aspetto interessante. Viene infatti ricordata nella leggenda di Giasone e degli Argonauti; la storia risale al XIII secolo a.C. e potrebbe avere un qualche fondamento.

Ai tempi degli scontri tra Austriaci e Francesi all'inizio del XIX secolo risale questa storia: l'artiglieria austriaca attaccava i Francesi a Zalog direttamente dal monte di Kašelj. Con l'aiuto di una cameriere che lavorava in una delle trattorie di Zalog, l'artiglieria degli Austriaci uccise un ufficiale francese e a seguito di questo i Francesi si ritirarono.

La salita sul versante occidentale del monte Kašeljski hrib è molto impegnativa. In alcuni punti bisogna afferrarsi ad alberi e rami. Arrampicarsi sui ruderi del Castello Vecchio può essere pericoloso – le pietre potrebbero staccarsi dalle mura e le mura potrebbero persino crollare.
Nel Castello Nuovo oggi si trovano degli appartamenti. Sulla vicina tabella informativa possiamo leggere che non è gradito l'accesso.