IL SENTIERO DI OSTROVRHAR
Lunghezza
6,3
Lunghezza 6,3 km
Durata del percorso
01:30
Durata del percorso 01:30
Največja strmina vzpona[%]
7
Livello massimo della salita: 7 %
Livello massimo della discesa: 9 %
Livello medio della salita: 15 %
Livello della salita oltre 5%: 2,00 km
Altezza minima del percorso: 416 m
Altezza massima del percorso: 271 m
Differenza d'altitudine: 396 m
Poraba kalorij
1470
Consumo di energia per gli uomini: 1470 kJ (351 kcal)
Consumo di energia per le donne: 1206 kJ (288 kcal)
Difficoltà
Difficoltà: Difficile
Tipologia del terreno ciclabile
Tipologia del terreno ciclabile: Misto
Primerna obutev: Calzatura da escursionismo
Breve descrizione

Ricordate ancora il verso della Turjaška Rozamunda di Prešeren: »Dókaj jo baronov snubi: troje iz dežele laške, troje iz dežele nemške, troje 'z štajerske in kranjske, ino zraven Ojstrovrhar, ki so boji mu igrače.«? Ci hanno insegnato che questa romanza narra del coraggioso barone Ostrovrhar, di casa proprio a Ostri vrh (Osterberg), dove oggi abbiamo intenzione di arrivare. Il percorso storico-didattico e abbastanza popolato è adatto quasi durante tutto l'anno, ma non è uno dei più facili.

Percorso

Podgrad – Novi grad Osterberg – Kašeljski hrib – Stari grad Osterberg – Dolina Besnice – Murjevka – turistična kmetija »Pri Lazarju« – Podgrad

Iniziamo da sotto il castello
Arriveremo fino a Podgrad percorrendo la strada verso Kresnice e poi a destra attraverso il passaggio sotto la ferrovia. Procediamo avanti fino alla fine del paese. Presso la fabbrica Arbo il passaggio è talmente stretto da non permettere il transito a più di un veicolo alla volta, per cui dovremo procedere con molta cautela. Poco avanti la strada procede in una forte curva a sinistra, ma noi non la seguiremo (e lo faremo apposta!), perché continueremo dritti sul sentiero boschivo oltre il ponte e a sinistra, fino ad arrivare all'area di manovra che funge anche per lo stoccaggio dei tronchi. Da qui comincerà il nostro percorso pedonale. Pedonale perché da qui inizieremo una vera e propria piccola marcia dal nome altisonante "Il sentiero di Ostrovrhar" che ci condurrà a visitare alcuni luoghi molto importanti. Proprio all'inizio della strada asfaltata troviamo una grande tabella informativa che ci darà preziose informazioni sui cavalieri che un tempo abitavano in queste zone, capitanati dal nobile Ostrovrhar: il suo eroismo fu decantato persino dal poeta sloveno Prešeren nella sua Turjaška Rozamunda. Dall'area di manovra saliamo su di un buon terreno quasi boschivo , che abbiamo trovato sul pendio. Ci condurrà dritti al castello. Beh sì – non proprio dritti.

Castelletto o castello
"Castello" è il nome popolare con il quale veniva anticamente chiamato il castello Novi Osterberg - Nuovo Osterberg. Quando bisogna distinguerlo meglio viene chiamato anche "Povšetov grad – Castello di Povše" o "Vila Kansky – Villa Kansky", ogni tanto anche "Rdeči grad - Castello Rosso". Tutti questi nomi si riferiscono allo stesso edificio giallo a tre piani , posto su un ciglione del monte di Kašelj, verso il quale stiamo ascendendo. Gli storici hanno pareri divisi riguardo alla sua nascita. Alcuni affermano che sia stato eretto negli stessi anni nei quali il Vecchio castello Osterberg, che visiteremo in seguito, fu abbandonato. Da qui i castellani traslocarono nella valle più comoda, ma per amministrare meglio le proprietà costruirono sul monte un edificio minore. Più tardi questa si trasformò fino ad assumere l'aspetto dell'attuale villa, chiamata dalla gente del luogo "Grad – Castello". Questa spiegazione potrebbe essere vera solo in parte, poiché ci sono dei fatti che la contraddicono con evidenza: tra questi una parte del muro di uno degli edifici vecchi, che sporge dalla facciata nord dell'attuale villa, ed è decisamente troppo robusto per essere il muro di un edificio minore. Il suo spessore tra i 100 e i 120 cm e l'altezza che si aggira intorno agli otto metri, fanno sorgere il dubbio anche a un inesperto, che una massa del genere non sia stata costruita solo per tenere il tetto sopra le teste. Ne possiamo dedurre che il muro aveva quasi sicuramente anche una funzione difensiva. Se consideriamo questa ipotesi apriamo la strada ad una seconda via, quella che narra di un castello fortificato che si trovava in questo punto molto tempo prima della costruzione dell'edificio padronale. Forse col tempo venne abbandonato, o forse, e l'ipotesi è anche più probabile, andò incontro ad un lento degrado dopo essere stato abbandonato e i suoi resti furono riutilizzati per costruire il nuovo edificio che rimase in funzione alcuni decenni o anche un secolo, finché col tempo anch'esso fu abbandonato. Tutte queste versioni sono in parte veritiere, ma l'unico fatto certo è che nel 1789 Jožef Kalasanc, barone di Erberg e castellano di Dol pri Ljubljani, demolì i resti del castelletto (o comunque di quello che l'edificio rappresentava). Radunò quindi e ripulì i resti e li riutilizzò per la costruzione di una piccola e graziosa villa in stile neorinascimentale tedesco. La mancanza di danaro (poco probabile), la pigrizia (poco probabile), la parsimonia (forse) o semplicemente il senso per l'arte e la storia (molto probabile) lo indussero a conservare una parte dell'originario muro di difesa. Kalasanc decise di usarlo come una delle pareti della sua nuova villa. L'invenzione ebbe successo e il barone sfoggiava orgoglioso la sua nuova acquisizione ai numerosi ed eminenti ospiti che era solito invitare nella sua dimora. E non si dimenticava certo di far ammirare a tutti la stupenda vista o di raccontare loro le storie sulla confluenza dei tre fiumi nei dintorni. A quei tempi i tre fiumi erano il Sava, il Ljubljanica e il Kamniška Bistrica, ma fino a poco prima erano stati persino quattro; ai tre faceva compagnia un quarto fiume, il Besnica. Ma i quattro fratelli non riuscivano a stare insieme senza litigare. Ad ogni litigio le lacrime scorrevano così copiose da far straripare i fiumi, perciò non restò altro da fare che separarli con forza. Il Besnica, anche se quello più piccolo, sembra fosse il peggiore, perciò lo lasciarono dov'era tutto immusonito, mentre gli altri tre vennero portati altrove e vivono in pace ancora oggi. Tutto questo si vede bene dai ruderi. E da allora non ci sono più state alluvioni ...

La punta bianca su sfondo rosso
Continuiamo a camminare sul sentiero verso il Castello Vecchio. Con passo deciso passiamo davanti alla tabella informativa che ci descrive la storia del castello, senza fermarci, dato che conosciamo già le sue vicende, e procediamo lungo un comodo sentiero fino al bivio che porta verso il Castello Vecchio, tenendoci sempre sulla sinistra. Il sentiero è talmente largo che potrebbe passarci anche un carro. E non è neanche ripido, perciò ci fa pensare che possa trattarsi dell'antica strada che un tempo faceva da collegamento tra i due castelli. Mentre la attraversiamo cerchiamo inutilmente di scorgere qualche bel panorama – gli alberi circostanti li nascondono discretamente . Pazienza, la strada non è ancora finita. Più ci avviciniamo al Castello Vecchio e più frequenti si fanno i segnali con lo stemma di Ostrovrhar, una punta bianca su sfondo rosso. È chiaro che la punta bianca simboleggia "Ostri vrh – la Vetta Appuntita", verso la quale siamo diretti. E cosa dire del colore rosso? Gli esperti di araldica sostengono che il colore rosso sugli stemmi sia simbolo di forza, coraggio, dignità e amore, il che combacia con la versione che Prešeren dà della storia di Ostrovrhar. In ogni modo, questi stemmi vanno seguiti se vogliamo arrivare fino alla fine del nostro percorso di oggi. Tra un pensiero e l'atro speso a pensare ai castellani e ai loro simboli, ci stiamo avvicinando piano a un profondo vallone attraversato da un ruscello. Non preoccupatevi, i piedi rimarranno asciutti, perché passeremo sopra dei rami adagiati apposta per facilitarci il passaggio. Questo versante è davvero ricco di acqua che fuoriesce da numerose sorgenti. L'ultima indicazione ci mostra il ruscello di Ostrovrhar , dal quale il Castello Vecchio si approvvigionava di acqua fresca. Naturalmente solo per i bisogni impellenti, perché il maniero era provvisto anche di una cisterna scavata direttamente nella roccia. Vicino al ruscello si trova spesso qualche bicchiere, anche se non è certo che l'acqua sia potabile. Ma per lavarsi le mani e rinfrescarsi il viso sarà perfetta. Dopo alcuni passi ci imbattiamo nuovamente in due segnavia – uno ci indirizza avanti e a destra, l'altro verso basso. L'istinto ci dice che forse è troppo presto per scendere a valle, quindi proseguiamo avanti. Ben presto siamo al valico e adocchiamo uno spazio sistemato dove poter fare una sosta, e sul quale troviamo anche una macina di mulino, una tabella informativa e naturalmente un altro segnavia . Tutto questo sta ad indicare che siamo giunti ai piedi della cima rocciosa sulla quale si innalzava il castello. Leggiamo sulla tabella i dati che riguardano il castello e risaliamo il ripido pendio fino alle rovine . Per arrivarci dobbiamo attraversare anche un modesto fossato di difesa scavato nella roccia . A quei tempi molto probabilmente si trovava qui un ponte levatoio. In cima ci aspetta una piana cosparsa di ruderi. Il tutto si presenta ricoperto di vegetazione. Sono visibili i resti di un grande edificio e parte dei muri , sui quali si è conservato a tratti persino l'intonaco. Il muro è costruito in pietra locale con malta di calce usata come legante. Non sembra particolarmente robusto, e neanche particolarmente forte, giacché lo spessore non supera i 60–80 cm . Neanche le dimensioni della costruzione del castello impressionano molto: possiamo constatare facilmente che l'edificio misura in lunghezza forse 20 passi e in larghezza 10. Tenendo conto che non è rimasto molto del castello, possiamo solo intuire che l'edificio aveva al pianoterra due sale di grandezza quasi uguale, delle quali una era per metà interrata, come si deduce dall'arcata che si è conservata . Se davvero vi vissero gli Ostrovrhar, indubbiamente dovevano sentirsi abbastanza allo stretto. Niente di strano se poi scelsero di trasferirsi in una dimora più confortevole a valle, qui non c'era spazio neanche per la servitù. Conclusa la visita ai ruderi (non in ottime condizioni, quindi è meglio evitare di arrampicarvisi sopra) scendiamo a valle ripercorrendo la stessa strada, fino ad arrivare all'area di sosta. Qui cerchiamo il sentiero che dalle macine da mulino si dirige ripido verso il basso.

Le macine da mulino di Ostrovrh
Il comodo sentiero si trasforma in una ripida discesa che scorre a zig-zag lungo il pendio. Nonostante i profili in legno che facilitano la camminata, la discesa è talmente ripida che ci fa dubitare se proseguire o meno. Invece conviene farlo, credeteci, almeno la prima volta. Per il ritorno non dovremo imboccare la stessa strada. A circa metà percorso il versante si spiana e ci porta sotto una strapiombo roccioso dove un tempo giaceva una cava antica . Qui venivano estratte le pietre per le macine da mulino e i resti di questa attività si vedono bene ancor oggi . La materia di base era il conglomerato di silice, probabilmente uno tra i migliori per qualità e consistenza tra quelli che si potevano trovare nei dintorni vicini e lontani, altrimenti non si spiega perché la cava dovrebbe trovarsi tanto in alto, e per di più in un punto difficilmente accessibile. I granuli all'interno delle macine devono essere della grandezza, durezza, disposizione e forma giuste, per poter permettere una levigatura ideale e una perfetta macinatura. Le pareti della cava sono piene di buche rotonde , che ci fanno intravedere la grandezza della pietra scavata. Le buche più grandi hanno una larghezza di oltre un metro, il che è sufficiente per delle macine da mulino del diametro di 36 once viennesi (95 cm) e dello spessore di 8 - 10 once viennesi (21 - 26 cm). Quando gli estrattori riuscivano a modellare ed estrarre la pietra rotonda, talvolta anche dal peso di oltre cento chilogrammi, la facevano rotolare sopra uno scivolo a valle. Dopo, sulla pianura presso il fiume - ancor oggi chiamata Knapovska draga - la rifinivano e preparavano per trasportarla fino agli acquirenti. Un lavoro di sicuro non facile ... E quant'era il guadagno? Sicuramente molto meno di quello che guadagnavano i mugnai loro compratori, da sempre conosciuti per le loro ricchezze, anche se qualcosa si guadagnava comunque. Stando agli scritti storici e tenendo conto del valore dei beni equiparabili ai prezzi di oggi, possiamo dedurre che una macina costava intorno agli attuali 800 - 1000 euro (il prezzo variava in relazione alla qualità e allo spessore).

Il versante bruno
Passiamo dalla cava e ritorniamo sul sentiero circolare che ci riporta sotto il castello lungo una ripida discesa, ma ora il cammino è un po' più facile, perché questo tratto è provvisto di un passamano . Giunti al castello, ne seguiamo il perimetro e arriviamo al valico. Da qui ritorniamo indietro di circa 100 m verso il ruscello di Ostrovrhar, fino al doppio segnavia menzionato in precedenza, e svoltiamo a destra. Un bel sentiero ci conduce vero la valle del Besnica. Sotto al castello notiamo molte rocce e pietre minori sparse disordinatamente . Sembra che siano arrivate fin lì rotolando. Forse si tratta dei resti del vecchio castello, caduti dal monte in seguito ad un forte terremoto. Poco avanti sulla curva si vedono degli interessanti esemplari di grandi rocce di conglomerato di silicio . Poco prima di raggiungere il fondo della valle un altro segnavia ci indirizza a destra verso il Besnica. Attraversiamo cautamente una piccola area fangosa e procediamo oltre il fiume Besnica sopra una passerella in legno chiamata "Brv Rjavega brega – La passerella del versante bruno" . Ora ci troviamo sulla strada asfaltata Podgrad–Besnica.

Sulla cresta del Murjevka
Dalla strada entriamo nel bosco e proseguiamo lungo il sentiero che promette di diventare sempre più ripido. Più tardi, nel salire sul versante occidentale tra folti arbusti di mirtillo, si farà davvero molto ripido. A destra e a sinistra è tutto pieno di mirtilli . Sembra quasi impossibile che gli arbusti possano crescere fino al metro di altezza, ma qui ne abbiamo la prova tangibile. Il rumore che proviene dalla strada, salendo si placa sempre più, mentre la ripidità del sentiero continua a persistere. La strada comincia a prolungarsi oltre modo, e quando ormai stiamo cominciando a chiederci se stiamo percorrendo la via giusta, approdiamo inaspettatamente su un largo e solido sentiero boschivo che scorre sul crinale. A causa della pendenza fino a poco prima non potevamo neanche immaginare che ci fosse, né tanto meno lo potevamo vedere. Ora siamo sul Murjevka. Il segnavia ci indirizza a sinistra, dove poco avanti ci aspetta un punto di sosta . Ci riposiamo un po' e nel frattempo possiamo leggere il tabellone informativo. Dal Murjevka è possibile scorgere tra gli alberi la catena montuosa occidentale che abbiamo percorso poco prima. Da qui possiamo vedere due monti: quello a sinistra, largo e piano, e quello a destra, stretto e a punta. Non conoscendone i veri nomi potremmo comodamente chiamarli "La cima grossa" e "La cima appuntita". Su quest'ultima si erge il Vecchio Castello Osterberg , a cui abbiamo fatto visita da poco. Non è totalmente da escludere che il nome Osterberg derivi da "Ostri vrh - La cima appuntita", come affermava Valvasor. In alcuni vecchi scritti lo troviamo scritto come »Oster verh«, il che suona molto simile al tedesco "Osterberg". Inoltre "berg" significa monte in tedesco. E che dire di "Debeli vrh – La cima grossa"? In realtà si chiama "Debni vrh" ovvero "Deben vrh", il che potrebbe derivare da "debeli vrh".

Da Lazar
Il pallino dell'esploratore non ci dà pace, per cui ci alziamo e continuiamo in nostro percorso. Attraverso un sentiero boschivo procediamo verso la meta successiva: l'agriturismo Pri Lazarju. Usciti dal bosco, solo un prato si frappone tra noi e il locale e quasi subito lo avvistiamo. L'agriturismo è ben tenuto e i proprietari sono molto gentili . Gli ospiti vengono accolti in casa, mentre i gruppi più grandi vengono serviti sotto il fienile. E non si sono dimenticati neanche dei bambini, infatti hanno allestito un vero e proprio piccolo zoo con vari animali , un ampio parco giochi e un orto, come quelli di una volta . Si tratta di un vero museo con tutte le caratteristiche proprie di questo tipo di orto o "garteljc" - come vengono chiamati questi orti contadini della tradizione locale – vi sono anche lo steccato e i fiori obbligatori. Superato il giardino procediamo fino al margine della scarpata che ci offre un punto panoramico sopra la valle. Lì ci aspettano delle panchine, un binocolo e un'altalena antica, imbrigliata tra due alberi. Da qui si possono ammirare spettacolari tramonti e stupende viste su Lubiana e i suoi dintorni . Immersi a contemplare le bellezze dei colori del cielo che mutano illuminati dai raggi solari, potremmo presto dimenticarci del tempo che scorre. Ma non preoccupiamoci troppo di questo. Ritornare con il buio non è pericoloso, perché la via di ritorno si snoda solo su strade parzialmente illuminate, anche se esiste una scorciatoia attraverso il bosco che però è meglio non intraprendere nel buio, soprattutto perché non avremmo molto da guadagnarci.

Nuovamente sotto il castello
Inebriati dalla bellezza delle vedute lasciamo il punto panoramico e ci incamminiamo avanti, anzi indietro. Una larga strada sterrata ci conduce a valle fino al paese di Podgrad . Il sentiero passa su una scorciatoia attraverso il bosco, ma è ripida e abbastanza invaso dalla vegetazione, perciò forse preferiremo non intraprenderla. Si collega con la strada in basso presso l'arginamento dell'acqua, quindi non ci sarà niente di male se lo attraversiamo lungo la strada. All'incrocio con la strada principale ci aspetta una colonna commemorativa, eretta in occasione del 750 centenario della prima menzione di Podgrad. Qui svoltiamo a sinistra e lungo la strada principale ci inoltriamo attraverso il paese. "La coscienza di appartenenza locale" è qui a un livello ammirevole e gli abitanti si sforzano molto per mantenere i dintorni puliti e ordinati. Non poche sono le case abbellite dalla bandiera di Ostrovrhar, in maggioranza riportano il nome della strada su bellissime tabelle in legno . Avete capito bene, nomi e non numeri, anche se neanche i numeri mancano, si trovano però su tabelle tutte uguali dove viene riportato anche il nome della fattoria. Passeggiando attraverso il paese arriviamo fino ad una strettoia nelle vicinanze della fabbrica abbandonata Arbo, e da qui mancano due passi fino alla meta.

Due castelli con una ricca storia, un abitato dall'età di tre quarti di secolo, una cava per macine da mulino con mezzo secolo alle spalle, una fabbrica chimica vecchia di oltre un secolo e un callo perfettamente nuovo rappresentano il raccolto di oggi. Quanto basta, direi, anche togliendo il callo! Un percorso istruttivo da percorrersi in tutte le stagioni dell'anno, ma al massimo dello splendore all'inizio dell'estate quando maturano i mirtilli e in autunno con i funghi. Tutto molto bello e giusto, solo che se uniamo al tempo trascorso sulla strada anche il tempo per il "dilettevole", tutto si distende oltre il previsto. Finora ci abbiamo messo due ore abbondanti, ma sappiamo bene che buono e veloce non vanno d'accordo quando si tratta di mangiare ...

Il Vecchio Castello (il Vecchio Osterberg)
Nuove ricerche (Grilc, 2005) hanno evidenziato che sulla cima esposta e facile da proteggere (446 m) tempo fa giaceva una rocca che aveva la funzione di proteggere le spalle del castello sull'altro versante che sovrasta la confluenza dei fiumi. Ben fortificata ma non troppo grande, non poteva essere adatta come dimora dei castellani e per la gestione dei loro possedimenti. Fu costruita già molti secoli addietro, forse persino nell'XI secolo. In seguito si rivelò utile anche contro le incursioni dei Turchi, poi, passato il pericolo non serviva più e venne abbandonata. O forse fu usata ancora per le sistemazioni temporanee dei lavoratori che nella vicina cava estraevano le pietre per le macine dei mulini. Almeno così si potrebbe intuire da quello che è rimasto delle tegole e dall'intonaco sul muro che si è conservato, entrambi di origine più recente. Le misure delle rovine attuali mostrano che le dimensioni esterne dell'edificio dovevano essere di 13,5 x 7,5 m, il che conduce a ipotizzare una superficie utile di circa 70 m2, divisa in due spazi, il che a dir la verità è ben poco. Lo spessore delle mura al pianoterra misurava intorno ai 60 cm, quindi tenendo conto della tecnologia di costruzione usata in quei tempi, il muro non poteva essere neanche molto alto. Forse uno o al massimo due piani con sopra un'ulteriore costruzione in legno. La parte sud era interrata, mentre quella a nord era costruita direttamente sopra la roccia che a quell'epoca costituiva anche la cima del colle. Davanti c'era un fossato di protezione, senz'acqua, e sopra si ergeva un ponte levatoio.

Il castello (Il nuovo Osterberg, Il castello di Povše, Villa Kansky, Il castello rosso)
Probabilmente si tratta del punto nel quale si trovava l'originario castello Osterberg, indipendentemente dall'origine del nome. Secondo Valvazor la fortezza fu costruita nel lontano 1015, ma non ci sono altre fonti a riguardo. Più tardi fu trasformato in edificio padronale, però a causa dell'usura e della posizione inadeguata sul monte essa fu abbandonata nel 1562, quando i suoi abitanti traslocarono a valle. L'edificio cominciò a deteriorarsi irrevocabilmente. Come rudere fu illustrato già da Valvasor nella sua opera Slava Vojvodine Kranjske (l'immagine contenuta risale a prima del 1679). In seguito, grazie al castellano Jožef Kalasanc Erberg, una parte venne strappata al decadimento completo; nel 1789 Erberg demolì le vecchie mura e al loro posto costruì una villa di un piano e dal tetto a uno spiovente con il colmo appoggiato sull'unico muro del castello vecchio che in tal modo si conservò. Con le sue misure di appena 10 x 5 m, la villa non può certo pavoneggiarsi per la grandezza, e a causa della sua facciata rossiccia la gente del luogo cominciò a chiamarla "Il castello rosso". Nel 1822 Erberg costruì a sud dell'edifico un'altra casetta per l'approvvigionamento , e nella facciata incastonò antiche palle di cannone in pietra, resti di ceramica azzurra (forse rinvenuti tra i resti del castello originario) e parte di un antica lapide funeraria romana, probabilmente trasportata dalla valle. La proprietà vide avvicendarsi vari proprietari, tra i quali andrebbero menzionati due: Franc Povše (direttore della scuola di agricoltura a Gorizia e in seguito deputato regionale) e la famiglia Kansky (proprietaria della fabbrica chimica a Podgrad). A Povše si debbono alcuni restauri della villa nella quale egli trascorse molte vacanze, gli si deve anche il nome "Castello di Povše". La famiglia Kansky, che lo comperò nel 1932, lo rimaneggio invece a fondo. La villa fu molto ampliata: la pianta quasi del doppio e l'altezza di ben due piani. Il muro orientale, quello appartenente al castello originario, diventò il muro centrale dell'edificio. In tal modo il tetto acquistò anche la parte orientale e diventò un tetto a due spioventi. Anche la famiglia Kansky, similmente a quanto fatto da Erberg, mantenne parte del muro originario, ancor oggi visibile sulla parte nord della facciata. Oggi nella villa ci sono degli appartamenti residenziali.

Podgrad
Podgrad è un abitato molto antico che si trova alla fine della valle Besniška dolina e che in tutta la sua storia non ha mai avuto, fino a tempi recenti, questo nome, anche se è più che ovvio da dove derivi la denominazione attuale (Pod = sotto; grad = castello). In passato veniva sempre menzionato insieme al castello, fatto che dimostra come siano nati contemporaneamente oppure che all'inizio l'abitato consisteva in una sola fattoria (che per l'appunto portava già il proprio nome ). Facevano parte del possedimento di Osterberg, oltre a Podgrad, anche gli abitati Gostinca, Gradovlje, Podgorje, Zalog, Kašelj e Lipoglav, le fattorie dedite all'itticoltura lungo il Sava e il Ljubljanica, le fattorie dei cacciatori a Janče e i mulini sul Besnica.

La fabbrica Arbo
La fabbrica Arbo fu fondata a Podgrad dal barone Attems insieme con un paio di altri azionisti. Gli Attems erano un'antica famiglia aristocratica proveniente dal Friuli. In seguito si trasferirono a Gorizia e più tardi svolsero alcune mansioni presso la corte degli Asburgo, e per i loro meriti ricevettero il titolo di conte. Durante il periodo barocco furono una delle famiglie aristocratiche più stimate e benestanti dell'odierno territorio sloveno. Furono proprietari di numerosi castelli, tra i quali anche quello di Osterberg (eredità), che venne venduto nel 1882 a Franc Povše. La famiglia Attems è ricordata negli scritti per la prima volta nel XII secolo e in uno di questi viene menzionato anche Arbo Attems; con il suo nome venne più tardi chiamata la fabbrica. All'inizio vi si producevano spirito, oli per vernici e altri oli naturali, poi la fabbrica venne rilevata dai coniugi Kansky che cominciarono a produrre anche eteri e alti prodotti. Dopo la seconda guerra mondiale la fabbrica fu nazionalizzata. In seguito al fallimento della fabbrica chimica di Moste, la Arbo assunse anche parte della sua produzione. Operò fino agli anni novanta del XX secolo, quando fu dichiarato il fallimento, in conseguenza della perdita dei mercati nell'ex Jugoslavia.

La cava delle macine da mulino
La cava fu menzionata per la prima volta nel 1567 in un lascito di Jurij Galenberg, proprietario del castello Osterberg, che morì in Bosnia. Il documento risalente all'anno 1611 testimonia che qui furono costruite al costo di 21 goldinari due paia di macine nere e un paio di quelle bianche per il mulino Kolezija di Lubiana. Naturalmente la cava era attiva già da prima, forse persino durante l'epoca romana. Era conosciuta per le macine da mulino nere, che servivano per la macinatura di avena e mangime per il bestiame, vendute largamente nei dintorni. Le pietre venivano costruite a mano usando il conglomerato di silice (quarzo). Gli addetti dapprima disegnavano un cerchio sulla roccia della grandezza della macina che volevano costruire, usando un carboncino, poi con un martello particolare scavavano una scanalatura di circa 20 cm attorno al segno. Questa doveva essere profonda quanto la larghezza della macina che si doveva produrre. Il lavoro durava – in base allo spessore – una o due settimane. Poi la pietra veniva scalpellata cautamente per staccarla dalla roccia. La pietra grossolanamente lavorata veniva rotolata su di uno scivolo a valle, dove avveniva la levigatura che serviva a farla diventare rotonda e perfettamente dritta e lavorata sul lato destinato alla macinatura. Con dei martelli provvedevano anche al foro centrale. Alla fine veniva livellata e magari anche decorata sulla parte alta. La durata media delle macine nere, prodotte con materiale solido era di circa dieci anni, mentre le macine bianche prodotte con materiale meno resistente si consumavano già dopo due anni di uso normale. Le macine da mulino inferiori avevano uno spessore maggiore di quelle superiori e girevoli, per tanto anche la loro durata era maggiore.

La confluenza dei fiumi Sava e Ljubljanica
A dire il vero si potrebbe dire che qui confluiscano tre e non due fiumi, siccome quasi nello stesso punto si incontrano il Sava, il Ljubljanica e il Kamniška Bistrica. Un tempo c'era persino il Besnica a far loro compagnia. Dopo ampi lavori di regolazione il Sava, il Ljubljanica e il Kamniška Bistrica vennero deviati e sospinti nel loro alveo odierno, mentre il Besnica rimase al suo posto, perciò ancor oggi confluisce nel fiume Ljubljanica. La regolazione serviva a evitare le alluvioni a Lubiana ed era la continuazione dei lavori iniziati da Gabrijel Gruber (a lui è dedicato il canale Gruberjev prekop), e finiti da Jožef Šemerl, suo allievo. Con la spianatura dell'alveo del fiume Sava e la costruzione dei conflussi posizionati quasi ad angolo retto, fu aumentata di molto la portata e la scorrevolezza del fiume. Allo stesso tempo si ottenne anche una via navigabile abbastanza profonda lungo tutto il fiume Ljubljanica fino a Zalog. La confluenza ha anche un altro aspetto interessante. Viene infatti ricordata nella leggenda di Giasone e degli Argonauti; la storia risale al XIII secolo a.C. e potrebbe avere un qualche fondamento.

Agriturismo "Pri Lazarju"
Tipologia: agriturismo con pernottamento. Offerta gastronomica: piatti caserecci, salumi vari, latticini. Caratteristiche: parcheggio, parco giochi per bambini, servizio su vassoi in legno, ampia sala conferenze.

La prodezza di Ostrovrhar
Prešeren nella sua romanza Turjaška Rozamunda descrive come si svolse il corteggiamento della bella figlia di Turjačan, contesa da numerosi spasimanti, tra i quali anche il prode Ostrovrhar. Il padre della fanciulla invitava i vari spasimanti al suo castello e Rosamunda prontamente li respingeva tutti, tranne Ostrovrhar, per il quale cominciò a batterle il cuore. Il padre Turjačan preparò raggiante il banchetto per il loro fidanzamento, al quale si presentò anche un cantane di strada conosciuto per il fatto di aver attraversato mezzo mondo. La zia di Rosamunda, volendo compiacere la nipote per la sua bellezza, lo pregò di confermare che Rosamunda era veramente la più bella ragazza nei dintorni. A sorpresa di tutti il cantante disse che una certa Lejla, conosciuta in Bosnia, poteva essere ancora più bella. La presuntuosa Rosamunda si arrabbiò talmente da mandare Ostrovrhar a portarle Lejla, per potersi confrontare con lei. Così Ostrovrhar andò in Bosnia con i suoi compagni, conquistò il castello turco, liberò gli Sloveni rapiti e porto Lejla con sé. Sulla strada verso casa si innamorò della giovane e non tornò mai più da Rosamunda, bensì tornò nel suo castello dove prese Lejla in moglie. Quando Rosamunda lo venne a sapere, decise addolorata di farsi suora.

La camminata di Ostrovrhar
La tradizionale camminata di Ostrovrhar, organizzata ogni anno in primavera, attira numerosi escursionisti. La camminata è accompagnata da numerosi altri eventi, ad esempio i giochi dei cavalieri, la costruzione delle macine da mulino, vari lavori campestri ...

Sul tratto verso la cava con le macine del mulino c'è una ripida salita. Se il nostro passo non è abbastanza sicuro, meglio evitare di far visita alla cava.
È pericoloso arrampicarsi sopra le rovine del Castello Vecchio – le pietre potrebbero staccarsi dalle mura e le mura potrebbero persino crollare.
Nel Castello Nuovo oggi si trovano degli appartamenti. Sulla vicina tabella informativa possiamo leggere che non è gradito l'accesso.
Oltrepassare il fiume Besnica nei periodi di piena potrebbe essere poco piacevole o addirittura pericoloso. In questo caso lo possiamo oltrepassare a Podgrad e ritornare indietro verso Murjevka seguendo la strada principale.